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Parto Altra Morte Errori gravi dell’Ospedale di Melfi

Parto Altra Morte Errori gravi dell’Ospedale di Melfi. A Melfi nel 2013 una giovane signora di 27 anni alla 40 settimana di gestazione, dopo essersi presentata già due volte al pronto soccorso dell’Ospedale di Melfi in Basilicata e rimandata a casa, alla terza volta, poiché le sue condizioni peggioravano a vista, viene ricoverata. La signora aveva già fatto presente al Pronto Soccorso di soffrire di gestosi ipertensiva (o preeclampsia), una sindrome che causa poco liquido amniotico e che quindi necessita, per la salute della futura madre e del figlio che porta in grembo, di un continuo monitoraggio. I medici visto il peggioramento, inspiegabilmente invece di procedere al parto con un taglio cesareo, cercando di indurlo in maniera naturale somministrando una sostanza, la prostaglandine che ha l’effetto di stimolare le contrazioni. Dopo solo 5 minuti la donna entra in shock anafilattico. I medici solo allora decidono di intervenire con un parto cesareo ma sono completamente impreparati: non è infatti stata predisposta nemmeno una sala chirurgica, non sono stati allertati sanitari, il rianimatore e non è stato preparato nemmeno un accesso venoso, necessario per intervenire in caso di urgenza. La situazione della madre peggiora ulteriormente. I medici riescono a salvare la figlia ma non la genitrice.

È in corso un procedimento penale che sta cercando le responsabilità per questa tragedia. Finora i periti del giudice hanno individuato 3 punti nevralgici che condensano gli errori gravi dell’Ospedale di Melfi

  1. Riguarda quello che è successo prima del decesso. Il personale dell’ospedale pur essendo a conoscenza della sindrome di gestosi ipertensiva o preeclampsia, che la pressione era a 200 e che il feto non cresceva da due settimane, ha rimandato a casa la signora senza ricoverarla.
  2. Riguarda quello che è successo durante il parto. La stimolazione con prostaglandine infatti non era la procedura giusta da seguire per una donna con quella sindrome.
  3. Non è stato predisposta la sala operatoria per delle eventuali complicazioni che invece devono sempre essere considerate come eventualità per qualsiasi intervento chirurgico.

La giustiuzia italiana è lenta perchè da 17 mesi il marito aspetta giustizia. Al momento non si è ancora visto riconoscere nessuna somma di denaro come risarcimento.

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