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Cane Randagio, chi paga i danni alla macchina incidentata?

Quale ente è responsabile?

Cane Randagio, chi paga i danni alla macchina incidentata? Cosa succede se mentre si è alla guida del proprio mezzo improvvisamente spunta una cane randagio che purtroppo non si riesce a evitare? Chi paga i danni al veicolo rovinato?

È i comune responsabile per avere lasciato incustodito l’animale? O la regione? O l’ASL? Doveva essere bloccato l’accesso al cane alla strada?

Ora la Corte di Cassazione ha risposto a queste domande mettendo una pietra tombale sulle responsabilità, presunte o reali, e sui conseguenti danni a veicoli. Infatti il 14 maggio 2018 è stata emessa l’Ordinanza Cassazione civile, sez. VI-3, ordinanza 14/05/2018 n° 11591. Questa rende molto più difficoltoso per il danneggiato avere ragione e vedere risarciti i danni alla macchina a seguito di investimento di cani randagi.

Ora infatti, chi ha subito il danno e agisce per essere risarcito dovrà  “allegare e provare la condotta obbligatoria esigibile dall’Ente (nel caso in questione, omessa) e di converso la riconducibilità dell’evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria e ciò in base ai principi sulla casualità omissiva”.

Addirittura la Cassazione elenca le prove che l’attore deve portare come per esempio “che vi dovessero essere delle specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo rientrante nella competenza degli enti preposti e che poi questi ultimi non si sia attivato per la sua cattura”.

La Cassazione sottolinea inoltre “dell’impossibilità da parte degli enti preposti alla vigilanza e cattura dei randagi in maniera costante ed assoluta.”

Per il povero danneggiato il risarcimento diventa sempre più difficile: dovrà infatti dimostrare, oltre all’impatto con il cane, che la cattura e la successiva custodia dell’animale che ha provocato il danno sarebbe stata possibile e che questa omissione preposta all’ASL locale o al Comune abbia prodotto un comportamento colposo.

Così facendo l’attore riesce fare rientrare la fattispecie nella responsabilità ordinaria dell’art. 2043 c.c., evitando che ci si riconduca ai principi più rigorosi di cui agli artt. 2051, 2052 e 2053 del Codice Civile.

 

 

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